22 agosto 2006

Papaiz, passione per la vita

Un emigrante italiano, figlio di emigranti, industriale meccanico a San Paolo del Brasile

Nello Stato di San Paolo molti degli italiani emigrati arrivati negli anni ’30 fecero fortuna con le loro imprese, soprattutto nel settore delle costruzioni. L’impresa Matarazzo ne e’ un esempio e questo marchio e’ ben visibile in diversi edifici pubblici, privati e di edilizia sacra. Nel settore commerciale molti sono i negozi che hanno l’insegna italiana. Ci è stato detto che quasi tutti gli italiani, anche quelli giunti dopo la seconda guerra mondiale, si sono costruiti una posizione economica quanto meno discreta, con punte eccellenti. Abbiamo voluto visitare un’azienda che è molto conosciuta in tutto il Brasile: realizza chiavi, serrature ed altre attrezzature di sicurezza, appartiene al Gruppo Papaiz. Il suo fondatore, Luigi, deceduto per malattia due anni fa mentre si trovava nel suo Friuli, da dove è partito nel 1952, ha dato vita ad una grossa realtá industriale che dá lavoro ad oltre 1700 dipendenti. L’azienda puo’ considerarsi un esempio di imprenditoria italiana ben riuscita, con una diversificazione delle produzioni e con un buon equilibrio economico, frutto del reinvestimento degli utili, senza ricorrere all’indebitamento. Ad occuparsene sono ora i tre figli: Sandra, Paolo e Roberta, oltre ad altri familiari, tra i quali il nipote Roberto, pordenonese che segue prevalentemente la filiale di Salvador de Bhaia. Luigi Papaiz era profondamente religioso, legato alla famiglia, protagonista discreto ma generoso di tantissime attivitá sociali. Aveva studiato dai Salesiani a Bologna, da dove è partito portando con se la “Lambretta”, un tornio ed altri attrezzi per dare vita ad un’attivitá artigianale. Le cose poi sono andate ben oltre e nella cittá di Diadema, contigua a San Paolo, è sorto un grosso complesso industriale, moderno e sempre rinnovato tecnologicamente. Sono in attivitá diversi reparti che producono serrature, chiavi, lucchetti, maniglie ed accessori per porte e finestre. Per girare l’intero stabilimento, a bordo di un’auto elettrica, abbiamo impiegato oltre un’ora, soffermandoci solo nei punti piu’ importanti, dopo aver consumato un buon pranzo nella mensa aziendale. Siamo partiti da un punto dove “troneggiava” un bel busto bronzeo raffigurante San Giovanni Bosco, al quale Luigi Papaiz era particolarmente legato fin dal tempo degli studi. Percorrendo i lunghi corridoi dello stabilimento, passando da un capannone all’altro, abbiamo percepito, nella conversazione con Carla e Paolo che ci accompagnavano, il desiderio di stare al passo con i tempi in termini di innovazione e di sfide poste dalla globalizzazione. Abbiamo notato anche le strutture sociali presenti nel complesso industriale, dall’asilo nido alla mensa, la banca, la farmacia e le sportive e culturali. La visita è finita nella bella chiesa interna alla fabbrica, dedicata anche questa al santo torinese. Al Patronato assistenziale degli immigrati italiani, dove siamo intervenuti l’indomani ad una riunione, abbiamo notato una targa in sua memoria, venendo a conoscenza che i locali sono stati realizzati grazie alla sua munificenza. Il giorno prima, all’inaugurazione dell’anno scolastico della Scuola italiana Eugenio Montale, ci è stato detto che molto di quanto esiste in quella struttura è dovuto alla sua generosa contribuzione. Padre Giorgio Cunial, che era con noi alla visita, ha confermato che diverse chiese hanno usufruito di sue donazioni per essere ristrutturate. Le onorificenze appese nella sala di rappresentanza, concesse dai governi italiano e brasiliano e dalla stessa Santa Sede, riconoscono che Luigi Papaiz è stato un bravo cittadino nella Patria di partenza e in quella di accoglienza. Un bravo emigrante cristiano che non si è mai montato la testa; che ha messo a frutto i suoi talenti dando da vivere a molte famiglie e che ha condiviso parte delle sue risorse con la comunitá. Anche la continuitá dell’azienda garantita dai figli dimostra che egli ha saputo dedicare le giuste attenzioni ai suoi familiari, cedendo loro il passo al momento giusto. Insomma, un esempio da imitare e di cui l’Italia, a partire dal suo Friuli dove ogni anno partecipava alla festa dei friulani nel mondo, puo’ certamente andare fiera. (LP)