19 agosto 2006

Non dimenticateci


Dal Venezuela in crisi profonda sale il grido dei nostri connazionali: siamo italiani e cristiani, aiutateci a non scomparire!

Il contesto generale

E’ passata velocemente la settimana che avevamo programmato per la visita ai missionari italiani e alle Associazioni che si occupano del nostri emigranti in Venezuela. Le distanze tra le diverse localita’ e le numerose realta’ che si rifanno al nostro Paese non ci hanno dato respiro. Anche se avessimo avuto del tempo disponibile, difficilmente avremmo pero’ fatto la visita turistica delle cittá inserite nel nostro itinerario. In Venezuela la gente, soprattutto quella italiana, vive nella paura della violenza, dei furti e delle rapine. Tutti gli edifici hanno le grate alle porte e alle finestre, muri di recinzione con alla sommita’ il filo spinato, mentre vigilantes armati presidiano ogni porta e passo carraio di condomini, edifici pubblici e negozi. Una specie di carcere collettivo, su base volontaria ma comunque imposta dalla situazione, dato che nessuno si fida a camminare per strada con qualsivoglia oggetto di valore e meno ancora con soldi. Tra l’altro tutti si limitano a trasferirsi da luogo a luogo solo per necessita’, esclusivamente in auto (meglio se blindata) seguendo tragitti opportunamente calcolati. La violenza e’ di casa nel Paese baciato dal sole e il regime che ormai controlla tutto e tutti sta togliendo la speranza ai giovani, italiani e venezuelani, i quali cercano in tutti i modi di emigrare in America e in Europa. Anche gli anziani sono sfiduciati, molti non hanno pensione e tanti altri bruciano i loro piccoli patrimoni (perfino le case) cosi’ duramente sudati, per pagare a malapena le spese ospedaliere e di cura. Le “favelas” stridono con i vicini quartieri ricchi e le auto circolanti, spesso letteralmente sfasciate, sfigurano accanto a quelle nuove di zecca. Da questi mezzi vecchi e nuovi ogni tanto scende qualche bandito che, con le armi in pugno e con molte complicitá perfino pubbliche, rapina, ferisce o ammazza imprenditori specialmente italiani. Incontrare gli italiani che vivono quaggiu’ in condizioni di questo genere non e’ cosa affatto semplice, ma in ogni caso necessaria. Lo facciamo come Migrantes, nell’intento di raccogliere elementi di valutazione utili alla Chiesa italiana per le sue scelte future in questo settore. E’ chiaro che i nostri interlocutori vedono in noi persone in grado di informare la Chiesa italiana dei loro problemi, cosa che faremo certamente, come pure apprezziamo il fatto che tramite noi sentano che la Chiesa di partenza non li ha dimenticati. Dare speranza fa parte del dovere dei cristiani ed ancor piu’ della Chiesa. Una Chiesa che e’ si universale, ma che e’ anche particolare: vive cioe’ in un determinato territorio, quello venezuelano. A differenza di altre parti del mondo, come quelle anglo-sassoni dove l’impatto con la lingua locale e’ alcquanto difficile, nell’America Latina è relativamente facile per la gente del posto comprendere e parlare lo spagnolo. L’esigenza di liturgie in lingua italiana è percio’ meno avvertita, anche se pregare Dio nella lingua natia è sempre piu’ spontanea e maggiormente confidenziale, quasi fosse piu’ diretta. A tener viva la fiaccola dell’italianita’ ci sono le Associazioni italiane, i Clubs italo-venezuelani, ma ancor piu’ i missionari italiani. Nelle chiese delle missioni cattoliche italiane si prega e si canta in italiano e i missionari sono dei punti di riferimento privilegiati per gli italiani sempre piu’ sfiduciati dall’evolversi della situazione in modo negativo. Ma i missionari, primi fra tutti gli Scalabriniani, i Rosminiani, i Salesiani, i Conventuali ed altri, non sono al servizio esclusivo degli italiani. Essi devono il piu’ delle volte sovraintendere anche al terriorio e le loro missioni diventano anche parrocchie dove si prega in lingua spagnola. I loro collegi, sui quali grava ora l’incognita della limitazione dell’attivitá preannunciata dalle autoritá statali, sono frequentati in buona parte dai venezuelani.

La transizione

Ci sono altre transizioni in corso: diverse misisoni cattoliche chiudono i battenti per la scarsitá di vocazioni fatto che impedisce il ricambio delle risorse umane. Risorse che vengono implementate da vocazioni provenienti da paesi dell’America Latina, ma che non bastano. Allora le parrocchie vengono restituite alle diocesi locali che nominano parroci i sacerdoti venezuelani, la cui consistenza va aumentando, fino a raggiungere quasi l’autosufficienza. Gli italiani si lamentano di queste situazioni che loro considerano una pesante privazione; cosa si puo’ fare pero’ di concreto per ovviare a questo stato di cose? Quanti sono i figli degli degli emigranti italiani che hanno abbracciato la vita religiosa o sacerdotale? Ben pochi, ci viene fatto notare. Allora sara’ per loro il caso di stringersi attorno ai pochi sacerdoti italiani che ancora operano nel Paese, aiutandoli nelle questioni che appartengono ai laici. La gestione dei collegi cattolici, la catechesi, l’animazione liturgica sono cose di cui i laici possono e devono occuparsi. Laddove non ci sono sacerdoti italiani il discorso non cambia: le comunita’ italiane possono individuare delle persone ben motivate per fare lo stesso lavoro, con modalita’ diverse, chiedendo ai vescovi locali le attenzioni necessarie per poter proseguire con una forma di pastorale, rispettosa delle esigenze degli italiani, soprattutto di quelli della prima generazione. Un censimento dei religiosi e delle religiose che hanno studiato in Italia e che conoscono percio’ l’italiano, potrebbe costituire un motivo di sinergia utile alla Chiesa di partenza e a quella di arrivo. E’ risaputo, e il discorso vale anche in Venezuela, che le comunita’ etniche, quella italiana in particolare, sono le piu’ unite tra di loro anche nel vivere le celebrazioni liturgiche, siano esse relative alle feste principali, a quelle dei santi dei paesi d’origine e agli appuntamenti piu’ significativi della vita di ciascuno di noi (battesimo, prima comunione, matrimonio e funerali). Pregare Dio nella lingua materna non e’ una cosa obbligatoria, ma agevola certamente la spontaneita’ e la prossimita’ con il Padre eterno da parte di quanti sono nati in altre nazioni e che da quelle chiese particolati hanno ricevuto il battesimo. La crisi delle vocazioni e la scarsita’ della provvista di clero chiama dunque i laici ad una maggiore responsabilita’, aprendo una nuova stagione al protagonismo dei laici stessi.

Il ruolo della Associazioni

Le Associazioni d’ispirazione cristiana, aderenti o meno all’UCEMI, possono fare molto lavoro in questa direzione. Le risorse umane per consentire un loro adeguato rinnovamento generazionale in Venezuela ci sono; basta solo allargare la rete delle persone incontrate in questa visita e ripartire ancor piu’ motivati. Anche le Associazioni dei corregionali e diciamo pure dei connazionali che a vario titolo si associano tra di loro (compresi i Clubs e le Case Italia) non sono distanti da questo modo cistiano di pensare (tutti ritengono che l’italianita’ si sposi bene con la cristianita!). Probabilmente non potranno avere piu’ il sacerdote italiano nelle loro strutture, ma potranno invece andare nelle chiese dove ci sara’ una qualche forma di pastorale italiana. I Vescovi locali incontrati, da quello di Maracaibo (Presidente della Conferenza Episcopale) Mons. Santana, quello di Barquisimento Mons. Azuaie, di Maracay (che amministra anche Valencia) e l’Ausiliare di Caracas hanno assicurato il loro interesse per questo modo di procedere. Uno scambio di sacerdoti e seminaristi, per qualche breve tempo, a fini formativi potrebbe sugellare un percorso pastorale che non ha alternative. E’ stato percio’ importante far arrivare alle tante persone incontrate il saluto di Migrantes, che certamente interpreta anche la volontá di vicinanza della CEI. Forse e’ troppo poco per chi soffre veramente l’angoscia per le incognite che il futuro (speriamo di no!) potrebbe riservare loro. Ma e’ giá qualcosa da riprendere, perfezionare, ampliare con gesti concreti di solidarieta’ umana e cristiana, anche di tipo organizzativo. Speriamo che i tanti laici incontrati diano dei risconti positivi ai tanti appelli lanciati nel corso di diversi incontri mediamente ben partecipati.

Ridare speranza al futuro con l’eperienza del passato

Gli Scalabriniani, persone veramente specializzate nel settore delle migrazioni, con le poche unita’ rimaste sul posto (si contano nelle dita di una mano!), lavorano in questa direzione pur non essendo i soli. (non sono i soli ma certamente hanno nel settore un carisma del tutto particolare). La loro rivista “Incontri” rappresenta ancora uno strumento di collegamento valido ed efficace per non lasciare senza olio la fiamma della speranza cristiana dei nostri connazionali che vivono in Venezuela. Franco Soressi, che a questa rivista dedica molto del suo tempo, oltre a conoscere per bene la situazione dell’intera nazione venezuelana, forte degli elementi acquisiti durante l’assistenza nei viaggi interni e negli incontri svoltisi in una settimana particolarmente intensa, non manchera’ di tenere i contatti necessari perche’ la “rete” si ampli il piu’ possibile. La speranza e’ che non capiti l’irreparabile. La fede cristiana non ci autorizza a disperare, ma chiama tutti noi, Istituzioni comprese (soprattutto quelle Consolari e i COMITES) a pensare per tempo soluzioni e rimedi.

5. Sicurezza e pace sociale in un Paese in crisi

Anche gli italiani sono vittime di rapimenti che passono sotto silienzio da parte dei nostri mass media. Si tratta pero’ di connazionali e c’è disparitá rispetto a situazioni analoghe che capitano altrove. Figli e figliastri? Se lo chiedono i nostri connazionali che auspicano altresi’ una burocrazia a misura d’uomo quando si tratta di fornire assistenza agli anziani indigenti. La comunita’ italiana e’ veramente con il morale a terra e chiede piu’ attenzione. Vendere la casa per pagare una degenza ospedaliera non `una prosepttiva accattivante. Passare senza accorgersi nella fascia dell’indigenza è cosa frequente che molti vivono con umiliazione, tant’e’ che pochi osano chiedere assistenza. Il rammarico sta proprio nel non averne potuti incontrare di piu’, oltre a quelli trovati nelle parrocchie e nei centri di assistenza, case di riposo e patronati. Abbiamo solo costato una crisi profonda: non c’è dubbio che qualcosa di urgente ed incisivo va fatto da subito. Ce lo suggerisce la nostra coscienza di cristiani e di italiani. (LP)