03 settembre 2006

Cordoba, Colonia Caroya

Facciamo visita alla cittadina di Colonia Caroya, a quaranta chilometri da Cordoba. Qui subito dopo l’Unitá d’ Italia, attorno al 1870, si è insediata una consistente comunitá di friulani. Nei cassoni di legno costruiti alla buona, come documentato da immagini fotografiche e da murales, gli emigranti si sono portati gli attrezzi agricoli, soprattutto quelli per la lavorazione dell’uva, ancora ben conservati sul posto. Le persone e le loro suppellettili vagarono dapprima una quarantina di giorni in nave, fino a Buenos Aires, per proseguire poi in treno per circa una settimana. “Iesus Marie, indulá chi sin capitas” esclamarono i poveri pionieri che, probabilmente, si aspettavano qualcosa di meglio.Questa esclamazione di stupore diede cosi il nome al primo paese friulano in Argentina e tuttora si chiama cosi’. Poi laddove c’erano sterpi e serpenti costruirono la prima abitazione, denominata “Casa Coppetti”, dalla quale passarono poi tanti emigranti per chiedere spiegazioni ed ospitalita’ temporanea ai pionieri che, appunto, erano i Coppetti di Gemona. Ora la casa, grazie ad un generoso contributo della Provincia di Udine, è divenuta un piccolo museo, un monumento ai pionieri. Essa e’ ben tenuta ed è meta di tante visite, dai turisti agli studenti e perfino da parte di studiosi del fenomeno emigatorio. Le stanze ricostruiscono fedelmente la situazione di allora, con arredo, suppellettili, cucina in muratura, cantina con botti e tini, oltre ai torchi e alle varie attrezzature agricole. Il grande tavolo che sta in cucina lascia capire la consistenza di quella famiglia, probabilmente sulla ventina di unita’. Letti, vestiti e documenti vari completano la ricostruzione di quella che a cavallo del 1800 fu la casa dei pionieri friulani. La cantina sotteranea, fatta alla friulana, con pavimento d’argilla per mantenere fresco il vino, ci propone una collezione di vini messi in vendita, rigorosamente dalla denominazione friulana. Infatti, Regione d Universitá di Udine hanno da qualche anno sostituito le viti vecchissime con nuovi vitigni, provenienti dai vivai di Rauscedo (PN), che hanno consentito la ripresa della produzione vitivinicola quasi esauritasi a causa della vetustá delle viti precedenti. Ora si torna a produrre Merlot, Cabernet, Souvignon e forse anche il Tokaj che, in questa latitudine, potrebbe non incorrere nei veti europei in vigore nel Vecchio Continente. La chiesa parrocchiale fa bella mostra di se, ricalcando nella forma le vecchie chiese dei nostri paesi di stile preconciliare. Una bella trattoria friulana, dove ha sede la Famee furlane, ci fornisce un cibo autenticamente friulano, un “biel gustá” assieme, assieme ad un gruppo di dirigenti del sodalizio, autorevolmente presieduto da Antonio Roja. Qualche canzone friulana, ma soprattutto una franca conversazione rigorosamente in lingua friulana o castigliana, dato che l’italiano è sconosciuto ai piu’, completa la visita a questa comunitá dalle tradizioni genuine. La fede, ci dice un giovane, ha sostenuto i sacrifici dei nostri bisnonni, che ci hanno insegnato a pregare nella lingua natia. Su questa strada, ribadisce, vogliamo continuare anche con i nostri figli. Prima di tornare a Cordoba, visitiamo la Casa per anziani, dove una umile ma dinamica suora italiana ci parla delle sue angosce nel mandare avanti un’istituzione per gli anziani italiani, che ha bisogno di tutto. Una bella testimonianza di italianitá alimentata dalla fede cristiana, veicolo di solidarieta’ e di mantenimento delle proprie radici, inscindibilmente italiane e cristiane anche a distanza di sei generazioni di emigrazione, in una terra cosi’ lontana. (LP)