03 settembre 2006

Rosario

Rosario, una città che si sviluppa a bordo del grande fiume Paranà, una delle più importanti vie fluviali dell’Argentina. L’isola in mezzo la grande fiume mostra come gli scambi con i confinanti di altre province sono elementi di crescita per tutti. Il grande monumento patrio alla bandiera si affaccia sulle acque, torbide di terra trascinata verso il grande mare.
La piazza principale con i palazzi austeri della municipalità e delle grandi istituzioni e con la facciata della cattedrale accoglie benevola il visitatore di questa popolosa città che supera il milione di abitanti.
La nostra visita si focalizza anzitutto alla parrocchia italiana Santa Maria de la Rocca y Madre de los Emigrantes. Due padri scalabriniani pur con molti anni sulle spalle ma uno spirito sempre giovanile, assicurano il grande lavoro per mille necessità: a volte ci si domanda dove trovane le forze per andare avanti.
p. Paolo Piron è il parroco ed il superiore della piccola comunità e, di certo, i suoi ottant’anni non gli pesano per nulla. Lo sostiene con dinamismo ed iniziativa p. Luciano Baggio da poco arrivato a Rosario ma con anni ed esperienza migratoria non di poco conto. La loro vita è scandita da appuntamenti comunitari dove trova spazio e partecipazione anche p. Ramirez Julian vicario e responsabile delle comunità peruane e dei nuovi immigrati che vivono nelle favelas circostanti.
Ed è proprio questo che colpisce visitando il centro della parrocchia: la vicinanza dei quartieri più degradati evidenzia il grande lavoro sociale e di promozione che la parrocchia cerca di assicurare al territorio. La scuola della parrocchia non è priva di difficoltà, ma i suoi 45 operatori tra insegnati, dirigenti didattici e personale di servizio assicurano istruzione ed educazione a più di 600 alunni. Durante la visita di una classe, le domande curiose ed intelligenti degli alunni non sono certo mancate nei confronti dei visitatori.
La chiesa deve molto agli italiani arrivati per primi in Rosario. La vergine della Rocca fu la patrona che ispirò gli interventi più utili e positivi. L’associazione è antica quanto la chiesa e tra i benemeriti molte famiglie posero la loro firma per lo sviluppo di questa comunità italiana: Felipe Vienna, Pendino, Riggi, Susino, Arcuri, Petrocelli, Romanello, Settecasa, Longo e via di seguito come si legge in una lapide posta nel 1896 proprio nel locale che custodisce l’immagine ed il trovo della Madonna della Rocca che viene portata in processione.
In tutta l’america latina, la religiosità popolare che si alimenta di molte tradizione e si manifesta soprattutto con le processioni partecipatissime dei propri santi patroni, ha mantenuto forte il legame con la propria fede e con la cultura paesana che lega le famiglie con le proprie generazioni al paese di provenienza. E’ una realtà culturale e religiosa ma soprattutto umana da non abbandonare perché è l’elemento fondante della propria identità italiana e regionale.
Al Comites che ci invita ed incontra nella persona del Presidente Angeli Giuseppe facciamo conoscenza di altre associazioni: quella di San Roque che ha appena celebrato con successo la propria festa e processione e ha visto un migliaio di persone partecipare con grande entusiasmo, ce ne parla il vero animatore don Cillo Donato originario di Cancellada in Lucania, che con il carico dei suoi 81 anni ci parla ancora entusiasticamente del loro appuntamento. Altrettanto dell’associazione siciliana “Alcara Li Fusi” provenienti dalla provincia di Messina: si sono rinnovati con entusiasmo e negli ambienti dell’associazione promuovo, corsi di lingua italiana e appuntamenti di servizi culturali e sociali per i propri corregionali.
Qui a Rosario gli italiani sono molti e con un passato e presente laborioso e ricco di benemerenza come ci racconta il Consigliere del CGIE Gazzola, anche se non nascondono grandi difficoltà per una serenità che resta tutta da ritrovare e ricostruire.

Assemblea di Cordoba

Finita è la giornata di Domenica con i servizi pastorali e religiosi svolti nelle diverse cappelle del territorio. Presto arriva la sera e si è organizzata un'assemblea per le associazioni e quanti desiderano incontrare la delegazione Migrantes arrivata a Cordoba.
Rodolfo Borghese, presidente del Comites introduce i lavori presentando i diversi esponenti e rappresentanti. La maggior parte è impegnata in attevità sociali, di assistenza e di impegno culturale. Le associazioni se da una parte soffrono le strutturali difficoltà lamentate da alcuni interventi, dall'altra trovano anche l'occasione per recuperare identità e interesse. Molte hanno trovato la soluzione di salvaguardare i propri immobili costruiti ai primi tempi dell'immigrazione e sono riusiti a farli dichiarare patrimonio storico acquisendo le caratteristiche tale da essere tutelati dalle leggi dello stato. In questo modo sono superate le grando difficoltà per il mantenimento delle strutture che possono accedere a finanziamenti allargati e trovare una destinazione di uso aperta a tutta la collettività del territorio.
Molteplici sono le testimonianza di vivacità che assicurano attività di promozione della lingua e cultura italiana che sanno coinvolgere le nuove generazioni nate dall'immigrazione italiana: la formazione è l'investimento principale che si vuole attuare.
Resta pur sempre la difficoltà di una mentalità del lavorare insieme come modalità preferenziale per dare solidità ai progetti. Indivisualismi e chiusure rischiano di vanificare buona volontà e progettualità di respiro.
Il dialogo si apre volentieri sui principi ispiratori che mettono in prima fila i cristiani. Partecipazione, riflessione e studio dei principi che ispirarono la forza e la volontà dei primi coloni italiani sono da riscoprire e da riproporre per non fermarsi ai bisogni immediati che ci portano in affanno alla ricerca di soluzioni immediate da consumare. Il darsi orizzonti di contenuti che ci legano alla visione umana e cristiana è la constatazione che emerge dal buon dialogo che si è realizzato nell'incontro svoltosi nel salone della Parrocchia italiana San Pio X con la partecipazione di p. Italo serena e del parroco Francesco Scapolo.

Cordoba, ci si vede alle capillas

Cordoba è la seconda città dell'Argentina con il suo 1.200.000 abitanti.
Siamo accolti dal presidente del Comites il dott. Rodolfo Borghese che accompaganto dal figlio Mario, medico anche lui condivide con noi tutta la giornata non certo leggera. Il suo coraggio e la sua generosità gli fa onore, ben sapendo dell'infato che lo ha colpito solo pochi mesi fa causato dal grande stress accomulato in occasione della campagna elettorale di aprile. Solo la presenza del figlio e la sua tempestiva determinazione lo salvò. Ma la sua contentezza di incontrare l'amico Papais con il quale condivise una visita nel suo amato Frilui da cui è originario ed il piacere di rispondere all'invito di padre Italo Serena fu più forte delle precauzioni alle quali dovrebbe dare ascolto.
Si arriva in tempo per partecipare alla messa celebrata nella chiesetta bella e bel sistemata dell'ospedale italiano. Il prediente dell'Ospedale il dott. Rinaldi ci da il benvenuto e ci rivolge i saluti di accoglienza lla fine della messa. Rispondiamo e ringraziamo dell'attenzione. Ci informiamo della grandi difficoltà in cui si trova l'ospedale e sulle soluzioni che stanno intreprendendo per salvarlo ed assicurare la continuazione di quest'opera provvidenziale per tutto il territorio. Esprimiamo la nostra solidarietà e formuliamo i migliori auguri per una valida ripresa per questa iniziativa sorta dalla generosità della collettività italia e che ha saputo reggere anche senza i contributi dello stato Argentino e Italiano.
Voglio seguire padre Serena nel lavoro pastorale che compie il giorno di Domenico.
Una corsa con le funzioni da celebrare in almeno tre comunità. Si continua con la Chiesa di Maria Goretti. la comunità è già pronta e animata da un buon gruppo di catechiste risponde e rende viva la celebrazione dell'eucaristia. E' la giornata della catechesi ed il ruolo predominante è lasciato ai laici che accompagnano bambini e famiglie in questo compito così fondamentale.
I cristaini del quartiere si sono presi in mano e assicurano tutto quanto è necessario per mantenere bella ed accogliente la chiesa, anzi hanno in progetto di costruire alcuni locali necessari per le attività pastorali e di incontro dei vari gruppi che stanno crescendo prendendo coraggio ed iniziativa.
La terza tappa è un piccolo centro del campo dove un piccolo gruppo di 30 persone è in attesa del padre per la messa: donne e bambini prevalentemente ma con grande gioia di vivere il momento religioso: si nota che dietro c'è un lavoro di formazione adeguato.
Si scambiano qualche parola con i ragazzi presenti, si informano del nostro viaggio e della nostra presenza, qui italiani non ci sono ma la presenza dei padri assicura il servizio pastorale nei villaggi e nei quartieri del territorio.
E' il caso del quarto appuntamento nel "barrios 29 Junio", un nuovo insediamento che al pari di altri tre sorti da poco nei dintorni, manifestano la pianificazione operata dalla municipalità e prefettura. La località si chiama "Losa Quartetes" ed un grande monumento presenta il quartetto musicale che indica il luogo dove si realizzano frequanti manifestazioni musicali. Sono quartieri urbanizzati nei servizi di base ma con una bassa organizzaizone sociale e comunitaria. L'unico spazio esistente per incontri ed attività comunitarie è rappresentato dalla piccola chiesa costruita da padre Baggio, che funge anche da sala per iniziative varie. Il quartiere presenta un grande arco di ingresso unito ad una grande buca nel terreno che bisogna evitare per non demolire l'auto. Ogni famiglia è assegnataria di una casetta di 34 metri quadrati e tutto finisce lì. Si respira aria di precarietà e disagio: il lavoro sociale e di promozione umana non manca di certo.
Si prende quindi il cammino per Colonia Caroya, una località costruità dai coloni friulani, che partirono dal nulla per costruire una cittadina fatta sullo stile che conoscevano, quello friulano.
Oggi le terze generazioni continuano le loro attività di coltivazione che prosegue con buoni successi e che non nascondono l'immenso lavoro svolto dai primi coloni.
Si rende visita alla Fundacio Facchin, che ha edificato un centro di soggiorno per gli anziani italiani del territorio. Suor Giulia Di Beco e suor Norma coordianno un'opera meritoria che le suore della carità continuano attente ai più bisognosi: orfani e anziani. E' una congregazione nata in Pescara ed ora prevalentemente in Argentina dove, in Buenos Aires, hanno la loro casa generalizia.
La chiesa parrocchiale presenta all'esterno le caratteristiche di una chiesa parrocchiale del Veneto ed è evidente da chi è stata costruita. L'interno nonci è possibile visitarlo perché la chiesa è chiusa, ci limitiamo ad immaginare dal racconto che ci viene fanno dai nostri accompagnatori friulani.

Mendoza la bella


Solo poche ore possiamo dedicare alla bella cittadina di Mendoza con più di 800.000 abitanti.
La cordigliera delle Ande è ormai prossima e si vedono all'orizzonte le colline che antecedono la grande muraglia dei 4.000 metri che riluce della bianca neve perenne.
La laboriosità degli abitanti ed in particolare della colonia italiana ha saputo trasformare il terreno in terra feconda che produce un vino eccellente e di qualità ormai famoso nel mondo intero.
Condividiamo i momenit più intimi con la comunità dei padri scalabriniani che lavorano alla pastorale dei nuovi migranti senza trascurare la componente italiana di antica data.
Padre Flavio Lauria è il parroco della Parroquia Madre de los Migrantes e con vitalità sa animare l'intera comunità dei cristiani. Lo aiuta padre Celso Beschin che assicura pure il servizio di delegato arcidiocesano per le migrazioni. Preziosa è, infine, la presenza di p. Vittorio Beschin che sa coniugare la sua età avanzata con i servizi religiosi dell'ascolto, confesisoni e partecipazione saggia e discreta.
Svolge un dinamico servizio di diaconia volontaria Gianni Di Sanzo, padre di una famiglia di cinque figli che con la moglie Anhai partecipa alla vita della comunità parrocchiale: sarà uno dei delegati degli italiani in America latina che parteciperà al convegno ecclesiale di Verona.
Dalla vicina diocesi di San Raphael ci ha raggiunto in Mendoza don Franco reverberi, sacerdote nato in Argentina da una famiglia nativa di Parma. Ha ripreso l'attenzione alle famiglie italiane di San Raphael e rimesso in piedi la messa in lingua italiana sempre più apprezzata e frequentata. Svolge anche l'attività di economo della diocesi ed è sempre meglio coordinato con l'ufficio della fondazione Migrantes.
Si dialoga sulle attività pastorali e culturali che si promuovono in Mendoza, ci si informa sulle condizioni degli italiani, sulle risposte che si assicurano ai problemi degli anziani, sulle iniziative imprenditoriali e sul lavoro pastorale che si porta avanti nella diocesi.
Si effettua una visita al Comites locale dove siamo ricevuti dal Presidente il Sig. Romanello Marcelo che è direttore della televisione locale "La Siète".
Siamo accompagnati nella visita di alcuni punti negralgici della città che è in continua espansione ben visibile dall'alto del monumento alla libertà.
Una città vivibile, pulita dove la qualità sembra assegnabile non solo al buon vino che si produce.

Cordoba, Colonia Caroya

Facciamo visita alla cittadina di Colonia Caroya, a quaranta chilometri da Cordoba. Qui subito dopo l’Unitá d’ Italia, attorno al 1870, si è insediata una consistente comunitá di friulani. Nei cassoni di legno costruiti alla buona, come documentato da immagini fotografiche e da murales, gli emigranti si sono portati gli attrezzi agricoli, soprattutto quelli per la lavorazione dell’uva, ancora ben conservati sul posto. Le persone e le loro suppellettili vagarono dapprima una quarantina di giorni in nave, fino a Buenos Aires, per proseguire poi in treno per circa una settimana. “Iesus Marie, indulá chi sin capitas” esclamarono i poveri pionieri che, probabilmente, si aspettavano qualcosa di meglio.Questa esclamazione di stupore diede cosi il nome al primo paese friulano in Argentina e tuttora si chiama cosi’. Poi laddove c’erano sterpi e serpenti costruirono la prima abitazione, denominata “Casa Coppetti”, dalla quale passarono poi tanti emigranti per chiedere spiegazioni ed ospitalita’ temporanea ai pionieri che, appunto, erano i Coppetti di Gemona. Ora la casa, grazie ad un generoso contributo della Provincia di Udine, è divenuta un piccolo museo, un monumento ai pionieri. Essa e’ ben tenuta ed è meta di tante visite, dai turisti agli studenti e perfino da parte di studiosi del fenomeno emigatorio. Le stanze ricostruiscono fedelmente la situazione di allora, con arredo, suppellettili, cucina in muratura, cantina con botti e tini, oltre ai torchi e alle varie attrezzature agricole. Il grande tavolo che sta in cucina lascia capire la consistenza di quella famiglia, probabilmente sulla ventina di unita’. Letti, vestiti e documenti vari completano la ricostruzione di quella che a cavallo del 1800 fu la casa dei pionieri friulani. La cantina sotteranea, fatta alla friulana, con pavimento d’argilla per mantenere fresco il vino, ci propone una collezione di vini messi in vendita, rigorosamente dalla denominazione friulana. Infatti, Regione d Universitá di Udine hanno da qualche anno sostituito le viti vecchissime con nuovi vitigni, provenienti dai vivai di Rauscedo (PN), che hanno consentito la ripresa della produzione vitivinicola quasi esauritasi a causa della vetustá delle viti precedenti. Ora si torna a produrre Merlot, Cabernet, Souvignon e forse anche il Tokaj che, in questa latitudine, potrebbe non incorrere nei veti europei in vigore nel Vecchio Continente. La chiesa parrocchiale fa bella mostra di se, ricalcando nella forma le vecchie chiese dei nostri paesi di stile preconciliare. Una bella trattoria friulana, dove ha sede la Famee furlane, ci fornisce un cibo autenticamente friulano, un “biel gustá” assieme, assieme ad un gruppo di dirigenti del sodalizio, autorevolmente presieduto da Antonio Roja. Qualche canzone friulana, ma soprattutto una franca conversazione rigorosamente in lingua friulana o castigliana, dato che l’italiano è sconosciuto ai piu’, completa la visita a questa comunitá dalle tradizioni genuine. La fede, ci dice un giovane, ha sostenuto i sacrifici dei nostri bisnonni, che ci hanno insegnato a pregare nella lingua natia. Su questa strada, ribadisce, vogliamo continuare anche con i nostri figli. Prima di tornare a Cordoba, visitiamo la Casa per anziani, dove una umile ma dinamica suora italiana ci parla delle sue angosce nel mandare avanti un’istituzione per gli anziani italiani, che ha bisogno di tutto. Una bella testimonianza di italianitá alimentata dalla fede cristiana, veicolo di solidarieta’ e di mantenimento delle proprie radici, inscindibilmente italiane e cristiane anche a distanza di sei generazioni di emigrazione, in una terra cosi’ lontana. (LP)