22 agosto 2006

Caxias do Sul

Non capita tutti i giorni d’avere un vescovo come autista… ma a noi è davvero capitato! Ad attenderci all’aeroporto di Porto Allegre c’era infatti mons. Alessandro Ruffinoni, scalabriniano bergamasco, da poco nominato vescovo di un settore della cittá. La sua semplicitá e bontá e la sua ansia pastorale ci hanno profondamente impressionati nelle lunghe conversazioni, fatte durante il viaggio a Caxais. Per strada la segnaletica stradale e le insegne commerciali ci davano l’impressione di essere nel cuore del Veneto; eravamo invece in una terra altrettanto veneta che sta invece nel Rio de Soul. La stessa terra che spinse “Nanetto”, personaggio immaginario simbolo degli oriundi d’Italia a definire, in un suo viaggio altrettanto immaginario, ma molto verosimile, riportato in un libro del friulano Rafael Baldissera la frase “Ostrega, me par de star a Venezia”! Paesi che si chiamano Venezia, Treviso, Vivenza, Verona Garibaldi; insegne con scritto “Tramontina” , Ferlin, Guidolin, Vin talian, Osteria, e via discorrendo. Pranzo tipico, allo scoccare del mezzogiorno, da Giovanni, ristorante alla veneta di quelli che, in Italia difficilmente si trovano ancora. Ornamenti tricolore nel soffitto e padelle di rame d’ogni misura, appese alle pareti. Cibo e vino delle nostre parti, camerieri brasiliani che parlavano in veneto, timorosi di sbagliare quando sussurravano qualcosa in italiano! Qui la lingua esatta è quella veneta, l’italianitá vive attraserso di essa. Madonna Vergine, cossa vedemo! Il ristorante dista poco da un santuario dedicato a N.S. di Caravaggio: siamo in Italia o in Brasile? Vallo a capire...siamo favorevolmente disorientati! A Caxais, sotto la pioggia e il freddo che ci sollevano dalle calure patite in Venezuela, visitiamo la Chiesa del pellegrino, affrescata da Aldo Locatelli. Anche il nostro don Domenico vede finalmente onorato il suo cognome e la sua Bergamo a 10 mila km di distanza! Pitture stupende: una catechesi che raffigura nel soffitto a cassettoni il Dies Irae, un ciclo pittorico che vale piu’ di cento omelie! La Via Crucis è a sua volta un capolavoro impressionante che non puo’ lasciare indifferente nessuno: poche volte la passione è stata cosi’ ben raffigurata. Un portone bronzeo del Murer riassume in un molteplice miscuglio di fugure dalla straordinaria corporietá, la storia e i drammi dell’emigrazione, i sacrifici dei primi coloni, la vita che continua anche lontano da casa. Incontro veloce con le suore scalabriniane che vedono per la prima volta padre Alessandro da vescovo. Festa in duomo...si dice da noi....festa in “venezian” aggiungiamo noi, da parte di una dozzine di suore anziane ma vivacissime, ormai di quarta generazione, brasiliane che parlano ad alta voce il dialetto veneto, convinte che l’italiano sia una variante di quest’ultimo! Mio Dio che emozioni fortissime! La sera a cena nel ristorante del Guacho, che ricorda l’immigrazione forzata, sotto forma di schiavitu’ degli azzoriani. Locale tipico della vita dei mandriani, con costumi, balli, folclore della loro cultura e delle loro bellissime tradizioni. Carne a non finire, servita dai camerieri brasiliani, che ad ogni piè sospinto ci invitavano a “ciol su un tochettin”! Oppure “bevi e tasi... ciol su un buon quartin de vin” e ancora “mangia polenta che te vien grando”! Venezia? Qua ze Brasil, tera benedetta da Dio! Grazie vescovo Ruffinoni, grazie a tutti coloro che abbiamo incontrato..un baso dopo l’altro!

Papaiz, passione per la vita

Un emigrante italiano, figlio di emigranti, industriale meccanico a San Paolo del Brasile

Nello Stato di San Paolo molti degli italiani emigrati arrivati negli anni ’30 fecero fortuna con le loro imprese, soprattutto nel settore delle costruzioni. L’impresa Matarazzo ne e’ un esempio e questo marchio e’ ben visibile in diversi edifici pubblici, privati e di edilizia sacra. Nel settore commerciale molti sono i negozi che hanno l’insegna italiana. Ci è stato detto che quasi tutti gli italiani, anche quelli giunti dopo la seconda guerra mondiale, si sono costruiti una posizione economica quanto meno discreta, con punte eccellenti. Abbiamo voluto visitare un’azienda che è molto conosciuta in tutto il Brasile: realizza chiavi, serrature ed altre attrezzature di sicurezza, appartiene al Gruppo Papaiz. Il suo fondatore, Luigi, deceduto per malattia due anni fa mentre si trovava nel suo Friuli, da dove è partito nel 1952, ha dato vita ad una grossa realtá industriale che dá lavoro ad oltre 1700 dipendenti. L’azienda puo’ considerarsi un esempio di imprenditoria italiana ben riuscita, con una diversificazione delle produzioni e con un buon equilibrio economico, frutto del reinvestimento degli utili, senza ricorrere all’indebitamento. Ad occuparsene sono ora i tre figli: Sandra, Paolo e Roberta, oltre ad altri familiari, tra i quali il nipote Roberto, pordenonese che segue prevalentemente la filiale di Salvador de Bhaia. Luigi Papaiz era profondamente religioso, legato alla famiglia, protagonista discreto ma generoso di tantissime attivitá sociali. Aveva studiato dai Salesiani a Bologna, da dove è partito portando con se la “Lambretta”, un tornio ed altri attrezzi per dare vita ad un’attivitá artigianale. Le cose poi sono andate ben oltre e nella cittá di Diadema, contigua a San Paolo, è sorto un grosso complesso industriale, moderno e sempre rinnovato tecnologicamente. Sono in attivitá diversi reparti che producono serrature, chiavi, lucchetti, maniglie ed accessori per porte e finestre. Per girare l’intero stabilimento, a bordo di un’auto elettrica, abbiamo impiegato oltre un’ora, soffermandoci solo nei punti piu’ importanti, dopo aver consumato un buon pranzo nella mensa aziendale. Siamo partiti da un punto dove “troneggiava” un bel busto bronzeo raffigurante San Giovanni Bosco, al quale Luigi Papaiz era particolarmente legato fin dal tempo degli studi. Percorrendo i lunghi corridoi dello stabilimento, passando da un capannone all’altro, abbiamo percepito, nella conversazione con Carla e Paolo che ci accompagnavano, il desiderio di stare al passo con i tempi in termini di innovazione e di sfide poste dalla globalizzazione. Abbiamo notato anche le strutture sociali presenti nel complesso industriale, dall’asilo nido alla mensa, la banca, la farmacia e le sportive e culturali. La visita è finita nella bella chiesa interna alla fabbrica, dedicata anche questa al santo torinese. Al Patronato assistenziale degli immigrati italiani, dove siamo intervenuti l’indomani ad una riunione, abbiamo notato una targa in sua memoria, venendo a conoscenza che i locali sono stati realizzati grazie alla sua munificenza. Il giorno prima, all’inaugurazione dell’anno scolastico della Scuola italiana Eugenio Montale, ci è stato detto che molto di quanto esiste in quella struttura è dovuto alla sua generosa contribuzione. Padre Giorgio Cunial, che era con noi alla visita, ha confermato che diverse chiese hanno usufruito di sue donazioni per essere ristrutturate. Le onorificenze appese nella sala di rappresentanza, concesse dai governi italiano e brasiliano e dalla stessa Santa Sede, riconoscono che Luigi Papaiz è stato un bravo cittadino nella Patria di partenza e in quella di accoglienza. Un bravo emigrante cristiano che non si è mai montato la testa; che ha messo a frutto i suoi talenti dando da vivere a molte famiglie e che ha condiviso parte delle sue risorse con la comunitá. Anche la continuitá dell’azienda garantita dai figli dimostra che egli ha saputo dedicare le giuste attenzioni ai suoi familiari, cedendo loro il passo al momento giusto. Insomma, un esempio da imitare e di cui l’Italia, a partire dal suo Friuli dove ogni anno partecipava alla festa dei friulani nel mondo, puo’ certamente andare fiera. (LP)

Brasil, N.S. da Paz

La parrocchia Nostra Signora della pace
Nel 1940 il vescovo Duarte eresse inaspettatamente il centro degli italiani come Parrocchia a pieno titolo dedicata a Maria Signora della pace.
Contemporaneamente venne benedetta la prima pietra della erigenda chiesa durante una imponente processione di migliaia di persone che partì dalla Chiesa di sant’Antonio in Piazza Patriarca accompagnando un’immagine di Maria Signora della pace.
Nell’occasione Pio XII intervenne via radio per una benedizione speciale. I lavori proseguirono con ritmo accelerato così che nel 1942 si inaugurò il nuovo tempio alla presenza di 5.000 persone per lo più italiane.
Le opere continuarono per le finiture, arredi e decorazioni per molto tempo grazie al contributo di molte famiglie italiane.
Attorno alla chiesa si sviluppò da subito l’accoglienza e l’assistenza sociale rivolta agli italiani e agli abitanti del quartiere.
Nel 1945 il complesso si arricchì della sede provincializia dei padri scalabriniani ed una scuola per adolescenti e adulti, sala di teatro e cinema ed ambienti per le attività delle associazioni.
Tutte le domeniche era celebrata una santa messa in lingua italiana e fu la sola celebrata in San Paolo per molto tempo e continua ancora oggi.
Nel frattempo le due comunità italiana e brasiliana, percorreva un cammino di incontro e interazione al punto che la parrocchia divenne il riferimento diocesano per la pastorale dei migranti. La chiesa, dopo il conflitto mondiale, divenne punto di spinta per superare i traumi del conflitto e favorire la riconciliazione visto che durante il conflitto ulteriori divieti per la lingua italiana proibita.
Il dopo guerra vide una nuova ondata di emigranti italiani che trovarono nella chiesa della pace il punto di riferimento, dove trovavano una scuola per apprendere la lingua portoghese e l’italiano per i figli nati dall’emigrazione.
In concreto il complesso della chiesa della pace divenne il vero consolato perché vi si trovavano risposte per ogni servizio necessario.
Negli anni ’60 i padri decisero di aprire il centro a tutti gli emigranti della città, sia i brasiliani delle migrazioni interne che ai migranti provenienti dal mondo: coreani, paraguaiani, cileni, boliviani e perfino africani che arrivarono attorno agli anni ’80.
Tutti incontrarono al centro della pace: accoglienza, difesa dei diritti, lotta contro le povertà e dipendenze emarginanti.
Al centro si celebrano le feste religiose e nazionali delle diverse comunità dei migranti che vivono nella città. Ai patroni italiani come san Francesco e santa Caterina , si aggiunsero presto i patroni della Bolivia. Cile e di altre nazioni trovando posto nelle diverse cappelle laterali.
Attualmente circa un centinaio di immigrati, rifugiati e migranti interni trovano temporaneo alloggio, assistenza e cure mediche e tutela giuridica nei confronti delle istanze pubbliche. Funziona anche un centro studi sulle migrazioni che documenta e riflette sui vari fenomeni della mobilità umana.
Il centro degli italiani ha acquisito la dimensione universale di tutti i migranti continuando una dinamicità di cammino interculturale ed ecumenico.

Sao Paulo, o centro dos italianos

Attorno agli anni 1930 in Brasile e nello stato di San Paolo esplose un movimento nazionalista « Patria y fé » che coinvolse anche la chiesa locale. La congregazione scalabriniani fu costretta a ritirare molti missionari perché stranieri e non previsti nei piani di sviluppo del movimento fortemente nazionalista.
Grande disagio negli italiani che vissero una profonda spaccatura ed isolamento. Nel 1935 padre Francesco Milini divenne provinciale del Brasile e si attivò grandemente per la costituzione e lo sviluppo di una Missione cattolica italiana.
Lo scopo principale era di costruire al centro della città un punto di riferimento per tutti gli italiani provenienti da ogni dove.
Il progetto trovò difficoltà soprattutto nell’arcivescovo dom Duarte particolarmente nazionalista che ostacolò il cammino. Solo un ricorso alla Santa Sede ottenne nel 1936 l’autorizzazione per costruire una casa che fosse riferimento per una quais parrocchia personale di riferimento per tutti gli italiani.
Gli Scalabriniani acquistarono un terreno in rua Glicério. Il Console Castruccio con Signora diedero un appoggio fondamentale ed importante mettendosi alla testa del comitato che costruì un centro per gli italiani che aveva il suo riferimento alla chiesa dei padri carlitos.
L’amore per la Patria era tenuto alto nella formazione che i padri davano agli italiani, un amore che si coniugava contemporaneamente con l’amore per la religione.
Antonio Matarrazzo fu il costruttore del centro e nello stesso tempo sponsor con munifiche donazioni e non fu il solo ma vi si distinse anche la famiglia Crespi.
L’impegno per la costrzione del centro ben presto smise il carattere nazionalistico e sociale prendendo sempre più la finalità religiosa e pastorale. Ben presto si respirava l’aria minacciosa della guerra incombente e per questo il centro fu dedicato a Maria signora della pace. Per le funzioni si esercitava in una piccola cappella, in attesa della ultimazione della chiesa.

Brasil, Jgreja de Santo Antonio

Nel centro storico di San Paulo, quasi invisibile fra alti grattacieli e costruzioni, in una piazza grande e coperta in parte da una costruzione pensile che copre l’ingresso della metropolitana, una delicata facciata stile ‘700 con un piccolo campanile segnala l’esistenza della piccola chiesa di Sant’Antonio.
E’ stata dichiarata monumento storico nel 1970 ma rischiò di essere demolita nel 1926 quando nel boom economico e di espansione urbanistica un grande progetto di ampliamento della piazza prevedeva per “exigéncias do progresso” un immenso spazio pedonale circondato da palazzi amministrativi moderni. Il tutto si risolse con ‘abbattimento della sola facciata riedifica allineata ed incastrata ai palazzi.
Il documento più antico che parla della chiesa risale al 1592 dove si fa cenno ad una fondazione anteriore. I francescano quando arrivarono in San Paolo nel 1639 se ne presero cura per poi installarsi altrove dove acqua e terreno erano più favorevoli: a poca distanza, infatti costruirono il convento francescano.
Nel 1724 fu affidata alla confraternita del Santissimo Rosario che aveva la finalità di curarne il restauro dopo il lungo periodo di abbandono.
Un grande incendio la danneggiò profondamente nel 1891 e venne completamente ricostruita nel 1899.
Nel 1908 la chiesa di sant’Antonio fu affidata alla Pia società dei missionari di San Carlo, gli scalabriniani quale punto di appoggio per le “missioni volanti” presso le colonie degli emigranti italiani nello stato di San Paolo ed in particolare per il sostegno dell’orfanotrofio “Cristoforo Colombo”. La chiesa di sant’Antonio di Piazza Patriarca presenta anche una buona struttura di camere per i padri che fanno assistenza ristrutturate nel 1977 e soprattutto nel 1991 dopo un devastante incendio che per fortuna non intaccò la chiesa.
L’attività spirituale e religiosa che si pratica nella piccola chiesa è impressionante per il numero di persone che entra e partecipa alle tre messe e due distribuzione di comunione giornaliere. I padri Marco Smoni e Faustino Consonni, furono i pionieri di quats opera missionaria di ascolto e consolazione per la gente di ogni tipo. Ogni giorno transita sulla piazza più di un milione e mezzo di persone che raggiungono uffici, posti di lavoro e negozi commerciali. Sono proprio queste persone di passaggio che entrano per confessarsi o incontrare un padre o semplicemente per restare in preghiera. La presenza continua di due padri dalle 6.00 del mattino alle 19.00 della sera assicura un’attività spirituale e pastorale di un buon livello molto apprezzata in tutta la città.

San Paulo dos italianos

Il migrante italiano in San Paulo
Gia nel 1886 arrivarono i primi emigranti italiani in Brasile. Il flusso maggiore arrivò a san Paulo attorno agli anni ’20. Nel ’40 nello stato di san Paulo si contavano ben 235.000. L’impatto dei lavoratori italiani con la popolazione locale fu pesante perché considerati lavoratori troppo “zelanti” e quindi concorrenti temibili.
L’elemento che più favorì l’integrazione fu senza dubbio la comune religione cattolica.
Per finire si ebbe l’effetto inverso, che i locali assunsero sempre meglio i costumi e le abitudini degli italiani.
Nel 1895 arrivarono nella regione di Ipirangua i primi missionari della congregazione scalabriniani, visitati dal fondatore Mons. Scalabrini nel 1904. Il loro primo compito fu quello di fondare e gestire l’orfanatroio “Cristoforo Colombo”.
Oltre questo compito educativo non smisero di visitare circa 2.500 località “fazendas” dove lavoravano gli italiani.
Nel 1904 cominciarono le espansione dei presidi religiosi assumendo la responsabilità di diverse parrocchie. La prima fu San Bernardo di Campo, poi fu il turno della regione di Cordeiropolis, Santa Gertrudes, Cascalho. Nel 1908 presero in consegna la Chiesa di San Antonio nel centro della capitale e nel 1910 assunsero due parrocchie in Sao José do rio claro. Nel 1911 diverse parrocchie nel Ribeirao Preto e le due parrocchie di San André e Ribeirao Pires. Un periodo di grande espansione con investimenti di molti missionari che si occupavano soprattutto degli italiani senza dimenticare la popolazione residente.
Nel 1930 ci fu una svolta perché gli Scalabriniani restituirono alle diocesi le parrocchie territoriali per occuparsi pienamente degli immigrati italiani.

Brasil, la scuola Eugenio Montale

Visita alla scuola Montale: dove si impara l’italiano, l’italianitá non muore, anche se la Patria e’distante

Tanti in Brasile ambirebbero chiamarsi “Luigi Papaiz”, grande industriale venuto povero dal Friuli e divenuto proprietario di un gruppo industriale ormai di levatura mondiale, nel settore delle serrature e delle porte di sicurezza, da lui presieduto fino alla morte, avvenuta due anni fa. Capitali consistenti e conti bancari altrettanto ingenti farebbero gola a molti. Ma le cose non stanno proprio così, perché molti soldi di Luigi Papaiz sono stati investiti in beneficenza, sia per opere religiose come restauro di chiese, orfanotrofi o la costruzione di una chiesa all’interno della sua fabbrica dedicata a San Giovanni Bosco, sia in opere sociali come i’ patronati di assistenza e una scuola dedicata ad Eugenio Montale. Un azienda che riserva parte del bilancio al sociale per beneficare la comunità. Tracce di questa munificenza è reperibile anche in Friuli con una palestra nel suo paese natale, dove ora riposa in pace. Abbiamo partecipato all’inaugurazione dell’anno scolastico, che alcuni vorrebbero coincidesse con quello brasiliano che inizia a febbraio, per permettere a piu’ italiani di fare le ferie in Patria senza perdere le lezioni. Alla presenza di autorità, genitori, studenti, l’omonimo Luigi Papais, della delegazione di Migrantes, vice-presidente UCEMI, ha preso la parola per un saluto di circostanza.. “Buoni italiani, buoni brasiliani, buoni cristiani che sappiano vivere in piu’ patrie - e’ stato l’appello- e siano in grado di creare occasioni di benessere per un mondo migliore e di pace attraverso le nuove generazioni, senza dimenticare gli emigranti che non hanno avuto fortuna. Questi erano i sentimenti anche del defunto benefattore che, come recita “Stelutis Alpinis”, struggente canzone di friulana memoria, era spiritualmente presente alla manifestazione garantendo anche al mondo dei viventi in cielo protezione a questo baluardo di italianità. A difendere la scuola nel presente, ci stanno pensando molte altre persone come in figli Sandra e Paolo Papais, il senatore Edoardo Pollastri, parlamentare eletto recentemente in rappresentanza dell’America Latina che fu presidente della Scuola stessa, diretta dalla moglie per ben 18 anni, padre Cunial e gli attuali e validi collaboratori ed insegnati.
LP

Brasil, Sao Paulo

Si lascia l’oasi di Jandira per raggiungere il caos di San Paolo. Ne vale comunque la pena proprio per l’italianità che si respira in questa grande città

Dopo aver riordinato le carte, si parte per San Paolo Capitale, nel bel mezzo di uno sciopero della metropolitana, che ha riversato sulle strade milioni di macchine. Padre Wagner imbottigliato nel traffico, viaggiando a passo d’uomo, simpatico e generoso come sempre, ci accompagna in via Patriarcato, alla chiesa di San Antonio, la prima italiana aperta a San Paolo, gestita dagli Scalabriniani. Padre Giorgio Cunial, parroco e superiore, fa gli onori di casa dopo una lunga attesa in strada, quando cioè noi eravamo in mezzo al traffico e non potevamo procedere. Cena in comunitá, sopra la centralissima chiesa di S.Antonio, dove si fanno tante celebrazioni, anche in italiano a vantaggio delle associazioni e di altri fedeli italiani e si confessa dalla mattina alla sera. Qui si respira un’italianitá diffusa, dovuta alla presenza di diversi padri, in città ce ne sono 25 e, in buona parte, italiani o discendenti di italiani che parlano molto ene il dialetto veneto, ma anche di confratelli brasiliani, colombiani, ecc. Una prova che l’intuizione profetica del loro fondatore mons. Scalabrini sta dando frutti, cioè le vocazioni di ritorno, che consentono alla congregazione di andare avanti.
Tutti i padri sono conosciuti e ricercati dalla comunitá italiana per i servizi religiosi in lingua italiana e per la costante disponibilitá ad amministrare instancabilmente i sacramenti. Un’altra loro chiesa, dedicata a Regina della Pace è divenuta un centro di accolglienza per profughi e luogo di multireligiositá, anche interconfessionale. Esempio di solidarietá, di carità cristiana, di lettura attenta dei segni dei tempi. I padri sono conusciutissimi e rispettati anche per strada, segno della loro immensa disponibilità. Hanno anche un orfanatrofio e il Centro di Documentazione sull’emigrazione, con preziosa documentazione. La messa serale e la visione di Rai International conclude una giornata di conoscenza della presenza di italiani e religiosi in questa popolosa citta.

Brasil, Jandira

La gioiosa vicinanza a dei religiosi italiani impegnati nella diocesi di Jandira, emigranti al servizio dei brasiliani per testimoniare loro fede e servizio

L’arrivo a San Paolo di Brasile appare fin dal primo momento piu’ rassicurante rispetto all’esperienza venezuelana. Si respira un clima di maggiore sicurezza e all’aeroporto si trovano disponibili i carelli per i bagagli, cosa impossibile negli scali venezuelani. Troviamo ad accoglierci alle ore 03.30 del mattino!, un simpatico padre brasiliano, Wagner Rufino dei Padri della Sacra Famiglia di Martinengo in Bergamo. Con lui Andrea, uno stagista milanese che trascorre un periodo di formazione pedagogica ospite dei religiosi bergamaschi. Sono proprio le scuole l’impegno piu’ grande di questa comunità religiosa che risiede appena fuori la cinta della grande città di San Paolo, a Jandira. Assieme al superiore padre Wagner, ci accolgono altri due confratelli, padre Daniele Busetti e il parroco padre Ricardo Bravi. Una casa accogliente dove in ogni angolo si denota la fedeltà al carisma della fondatrice, santa Elisabetta Cerioli e si vive un clima comunitario molto fraterno, di grande apertura al terriorio e ai bisogni della popolazione. Gente di ceto medio-basso, ma con ampie sacche di povertà. Il soggiorno serve per una sosta di sintesi e rilettura del lavoro fatto in Venezuela, ma anche per stare assieme a dei religiosi italiani che pur non avendo in carico una missione cattolica italiana, si fanno notare per la grande disponibilitá sul territorio, dove incontrano anche alcuni italiani. Il loro prezioso lavoro viene avvalorato da una calorosa visita alla casa da parte di mons. Ercilio Turco vescovo titolare della diocesi di Osasco, che a pranzo si documenta su tante cose relative all’emigrazione italiana, il suo nome di famiglia tradisce antiche origini italiche. Ci parla anche della pastorale della sua Diocesi, fatta di annuncio e di vicinanza alla gente. D’altro canto i padri della Sacra Famiglia gestiscono due scuole con oltre 600 ragazzi, con un’organizzazione scolastica efficiente ed evoluta, assieme a personale laico professionalmente capace e disponibile a lunghi turni di lavoro per consentire la custodia dei ragazzi dalle 7 del mattino alle 7 di sera. Testimonia l’affetto della città ai religiosi e agli ospiti il simpatico sindaco locale, che viene chiamato prefetto, Paulo Enrique Barjud che conosce bene l’Italia per verla recentemente visitata.
A San Paolo di Brasile ai campionati del Mondo hanno tifato per l’Italia e ce lo dicono al nostro arrivo; tiferanno anche per cio’ che chiedermo in termini di fede e di italianitá?